Capitolo 7º

CAPITOLO 7°

 


                                                         


Fortaleza é una cittá molto diversa da Belo Horizonte; essa é la capitale dello Stato del Ceará ed ha una popolazione di circa 2.300.000 abitanti. É una cittá di mare e vive grazie al mare.
Ha un porto commerciale di grande importanza dal quale partono, per tutte le destinazioni mondiali, grandi navi porta-container e nel quale arrivano gigantesche petroliere che vengono a caricare-scaricare il petrolio e carburanti alla raffineria ivi esistente.
Un’altra industria, di primaria importanza, esistente a Fortaleza é costituita dal turismo; probabilmente senza il turismo Fortaleza non esisterebbe. Le larghe e lunghe spiagge di Fortaleza sono famose in tutto il mondo, cosí come il suo lungomare, che inizia da praia di Iracema e termina alla praia di Mucuripe. Questa “orla do mar” (lungomare) é totalmente costeggiata da lussuosi alberghi e ricchi condomini. Il porto di Fortaleza fa da divisorio tra il lussuoso lungomare nord ed il povero, ma piú verace, lungomare sud costituito interamente dalla Praia do Futuro, che si estende in un rettilineo di circa undici chilometri. E fu proprio nella Praia do Futuro che avevo prenotato una stanza in una modestissima “pousada” (pensione), tramite internet da Belo Horizonte. La prima cosa che mi colpí a Fortaleza fu il caldo. Il clima di Fortaleza é sempre caldo; é caldo da gennaio a dicembre; é caldo di notte e di giorno. Tuttavia, pur mantenendo una temperatura media annua di 30°, vi é una gradevolissima brezza marina che rende il caldo tropico-equatoriale piacevole e ben tollerabile. A Fortaleza é estate tutto l’anno e le poche piogge che si verificano, assumono un carattere piuttosto festoso; infatti la gente continua a nuotare, a giocare sulla spiaggia o a chiacchierare sotto la pioggia, come se niente fosse; qualcun altro approfitta per fare una doccia all’aperto.
I cearensi (cosí si chiamano gli abitanti di Fortaleza e del Ceará), sono delle persone molto ospitali, molto disponibili, ma soprattutto molto semplici. Per loro la vita é una cosa facile facile; per il cearense la vita é oggi, bisogna viverla oggi; il domani é un altro giorno. La pousada, dal nome “Encontro das Aguas” (Incontro delle Acque) presso la quale ero ospitato, era di una semplicitá indescrivibile, ma molto funzionale; essa stava all’ingresso di una piccola favela ed a circa 200 metri dal mare. Era gestita dai proprietari che si erano trasferiti a Fortaleza dall’interno del Pantanal, piú esattamente provenivano da Rondonopolis, cittá dello stato del Mato Grosso, per cercare fortuna nel Ceará (chissá quanto era piú povera Rondonopolis!!). Era una famiglia molto dignitosa, gli anziani genitori, i due figli maschi sposati e le rispettive giovani mogli conducevano una vita molto modesta e tutti, ognuno con un incarico ben definito, lavoravano nella pousada. Mi colpí molto l’educazione, la discrezionalitá e l’onestá di quella famiglia. Vissi in quella pousada per un mese, e pagai circa 110 dollari, inclusa la prima colazione. Durante il mese di soggiorno nella pousada ebbi modo di conoscere abbastanza bene la cittá di Fortaleza; ció mi permise di valutare attentamente dove fissare la mia dimora. Dopo varie possibili alternative decisi di affittare un appartamento e lo scelsi di fronte al mare, a Caça e Pesca (Caccia e Pesca), nella zona finale di Praia do Futuro. Giá durante i primi giorni che vivevo a Fortaleza, avvertii nell’aria un senso di profonda e totale libertá. Osservavo la gente, i pescatori, gli artigiani, i commercianti, le ragazze; tutti agivano con calma, senza fretta, senza apparente preoccupazione; e tutti ridevano e scherzavano. Tutti vestivano in modo molto semplice; bermuda e maglietta o il semplice costume da bagno, era l’abbigliamento degli uomini; calzoncini e reggiseno o calzoncini e maglietta, era l’abbigliamento dominante delle donne. Quasi tutti usavano i cappelli per ripararsi dai cocenti raggi del sole equatoriale. Gli abitanti di Caça e Pesca erano tutta gente povera o poverissima; i loro mezzi di locomozione erano per lo piú vecchie biciclette, i loro mezzi di trasporto per lavoro erano piccoli e rudimentali carretti, costruiti da loro stessi, trainati da cavalli o da asini. La vita quotidiana di questi cearensi trascorreva lenta e quasi sempre uguale. Molti di loro traevano sopravvivenza dalle “barracas” (chioschi o ristoranti) esistenti nel lungomare. Nelle barracas svolgevano prevalentemente mansioni di camerieri o vendevano, sia alle barracas che ai bagnanti, pesci pescati da poco o prodotti artigianali fatti da loro. Chiaramente, i migliori clienti erano i turisti, specialmente quelli europei. Purtroppo, la scarsa affluenza di turisti e la forte disoccupazione esistente tra questa gente, innescava una spietata concorrenza al ribasso che, alla fine, non produceva nessun utile a coloro che riuscivano a piazzare i loro prodotti o le loro braccia. Malgrado ció, la sera si ballava, si beveva e si “namorava” molto nelle tre modestissime “boites”(discoteche) che stavano alla fine della strada di Caça e Pesca.
La spiaggia di Praia do Futuro é una spiaggia bellissima, veramente naturale e selvaggia. Nella sua estensione di undici chilometri, é sempre molto larga (durante la bassa marea, in alcuni punti supera i 500 metri di larghezza) e costeggiata da “coqueiros” (alte piante di cocco) che, con le loro ampie foglie, contribuiscono a rinfrescare le innumerevoli ed ampie barracas. Una quotidiana e gradevolissima brezza rende il clima di Praia do Futuro incomparabile con qualsiasi altro clima al mondo. Il fruscío delle palme di cocco, unito allo spumeggiare dell’oceano, produce una inconfondibile melodia di suoni che ristora ed induce all’amore. Notai che varie ragazze, quando erano tristi o erano assalite dalla “saudade” (misto di nostalgia, speranza, tristezza e ricordi), andavano a sedersi sotto le piante di cocco e con lo sguardo, fisso all’orizzonte, “comunicavano” al mare la loro saudade mentre ascoltavano la dolce melodia. Alcune mattine facevo delle lunghe e salutari passeggiate sulla spiaggia e notavo che i cearensi, come quasi tutti i brasiliani, avevano il culto e la mania del fisico. Tutti, ricchi e poveri, belli e brutti, vecchi e giovani, bianchi e neri facevano attivitá fisiche sulla spiaggia. La maggior parte dei mulatti si esercitavano eseguendo la “Capoeira” (é un misto di arte marziale, di ginnastica e di danza di origine africana, molto diffusa nel nordest del Brasile); i piú giovani si esibivano in mare facendo il surf; la stragrande maggioranza faceva footing o camminava a passo svelto. Io mi associavo a quest’ultima categoria e, quando ero stanco, mi riposavo in una barraca, mentre osservavo le “meninhas” (ragazze) passare e sorseggiavo una fresca acqua di cocco direttamente dal frutto, sotto una frusciante pianta di cocco. A volte mi chiedevo se non stessi vivendo in paradiso!!!
I giorni passavano senza che me ne accorgessi; trascorrevo molte ore sulla spiaggia ed in poco tempo feci amicizia con molte persone. E fu cosí che scoprii l’onestá e la bontá dei cearensi. Scherzavo con i pescatori e con i “barraqueiros” (lavoratori o proprietari delle barracas). Le ragazze, dopo aver saputo che ero un italiano, mi sorridevano con inequivocabili inviti alla conversazione o ... ad altro. Ormai tutti mi conoscevano. Per tutti ero “o amigo taliano”. In poco tempo ebbi modo di verificare che a Fortaleza, pur essendoci una triste e diffusa povertá, la popolazione é fondamentalmente onesta e buona, é umile e dignitosa. In molte circostanze ebbi modo di constatare che le donne cearensi erano molto attratte dagli uomini italiani e gradivano molto fare l’amore con loro. Per le cearensi, fare l’amore é la cosa piú spontanea del mondo e lo fanno esclusivamente perché sono attratte da un uomo, attratte dalla sua bellezza, dal suo fascino, dalla sua diversitá, dalla sua provenienza, dalla sua educazione, da un suo dettaglio e non necessariamente per soldi. Il gradevolissimo clima di Fortaleza é anch’esso complice delle piacevoli “avventure” che si vivono in quella cittá. Un altro fenomeno interessante é che, per le ragazze cearensi, un uomo di etá intorno ai 40–50 anni é considerato piú interessante del giovane ragazzo ventenne. Spesso questo comportamento viene equivocato dalle frotte di turisti europei, i quali sono portati a considerare le ragazze di Fortaleza tutte prostitute. Invece sbagliano. Sbagliano molto. É vero che le cearensi, come tutte le ragazze, non disdegnano i soldi, ma ció é dovuto esclusivamente al loro stato di necessitá. Val la pena ricordare che il Nordest é la zona geografica piú povera del Brasile, ma non la piú miserabile. C’erano invece le professioniste del sesso che, mischiate tra la gente che passeggiava nel lungomare di Praia di Iracema, cercavano di abbordare in modo simpatico qualche cliente, possibilmente “gringo” (turista straniero). Non tutte queste “garotas de programa” (prostitute) erano cearensi, molte provenivano da altre cittá dell’interno del Ceará o da altri stati del nordest (Natal, Recife, Belém, ecc...ecc..). Queste garotas venivano a “lavorare” a Fortaleza perché questa cittá aveva una maggiore affluenza di turismo straniero, quindi, per loro, c’erano maggiori possibiltá di procurarsi clienti.
Alcuni periodi, per rompere la felice monotonia di tutti i giorni, facevo dei viaggi per conoscere altre cittá del Nordest. Andai a trascorrere una settimana a Natal, capitale dello stato del Rio Grande do Nord. Due settimane le passai a Maceió, capitale dello stato di Alagoas. Tre giorni li dedicai a Canoa Quebrada, che é un grande villaggio di pescatori e dista circa 150 chilometri da Fortaleza. Tra queste localitá apprezzai molto Maceió; questa cittá é piccola (circa 350.000 abitanti), ha delle spiagge veramente belle, con fondali bassi e barriere coralline. Spero di ritornare un giorno a Maceió. A Natal, pur avendo trascorso una rilassante settimana, rimasi un po’ deluso dalla cittá e dalle spiagge, ma non dalle ragazze che, come in tutto il Nordest, sono sempre molto simpatiche e disponibili. Tutti i miei spostamenti avvenivano prevalentemente in autobus. In Brasile non esiste la rete ferroviaria, ma solo dei rari tratti di ferrovie per cui, oltre agli aerei, l’unico ed efficiente mezzo di trasporto passeggeri, sono gli “onibus rodoviarios” (autobus attrezzati confortevolmente per percorrere lunghe distanze). Viaggiare con gli onibus in Brasile é veramente piacevole; sono dotati di aria condizionata, di bagni, di televisione e di acqua minerale compresa nel prezzo del biglietto. Ogni tre o quattro ore di viaggio fanno una sosta di circa 30 minuti presso grandi aree di servizio; oppure fanno una sosta piú breve per permettere il cambio dell’autista, che avviene rigorosamente ogni 7 ore; inoltre effettuano fermate di servizio, per far scendere o salire passeggeri, presso quasi tutte le cittá che incontrano nel loro percorso. In definitiva, viaggiando con gli onibus rodoviari, si ha veramente la possibilitá di osservare paesaggi e cittá, nonché di cogliere un flash di quella che é la realtá dell’itinerario percorso. A volte succede che, durante un lungo viaggio di due o tre giorni, ci si “fidanza” con la compagna di viaggio seduta al lato e ................


Nel mio viaggio al villaggio di pescatori di Canõa Quebrada, distante circa 150 chilometri da Fortaleza, ebbi modo di osservare l’arida e spoglia vegetazione del Ceará, che i brasiliani chiamano il sertão. I pochi municipi, incontrati durante il percorso, manifestavano immediatamente la loro precarietá sociale, economica e culturale. Dopo averne attraversati alcuni, mi sembravano che fossero tutti uguali; tutti con una cadente e malandata chiesa di stile portoghese o spagnolo, tutti con un largario circondato da sudici e disordinati negozi e tutti con un mercato all’aperto fatto di piccole e traballanti bancarelle, su cui c’era esposto in vendita di tutto. Le poche abitazioni fuori dai centri abitati, incontrate lungo il tragitto, erano piú simili a stalle che ad abitazioni civili. Alcune erano costruite totalmente con steccato di legno e fanghiglia di terra rossa; la copertura veniva risolta con larghe foglie di banani o di coqueiros. Spesso dentro questi “monolocali” dormiva nei letti o piú spesso nelle amache, un’intera famiglia di molte persone. Qualsiasi cittadino europeo, viaggiando nel Ceará, percepisce la diffusa ed incredibile povertá che esiste in questa parte del mondo, ma percepisce anche la diffusa ed incredibile allegria e spensieratezza che c’é in questo popolo. Questo é sicuramente uno dei misteri del Brasile!
Canoa Quebrada é una localitá molto reclamizzata dai tour operetors brasiliani, ma in realtá non é altro che un normale villaggio di pescatori con belle spiagge larghe e pulite. Il villaggio é posizionato su di una collina di sabbia, sembra quasi che sia una enorme duna di sabbia; le strade, non essendo asfaltate, sono strette e polverose; la via centrale é l’unica che ha una dimensione quasi normale, ma é anche la piú polverosa. La popolazione, di circa 1.000 abitanti, vive di pesca e di turismo. Per scendere nella spiaggia vi sono vari sentieri, quasi tutti sono molto scoscesi. Io affittai una stanza in una graziosa e confortevole pousada, dotata di piscina e di molto spazio. Il ristorante, in essa esistente, era costruito in un’ampia, alta ed artistica palafitta di legno, dalla quale si godeva una meravigliosa vista del mare in tutta la sua estensione, fino oltre l’orizzonte. Vi soggiornai due notti e tre giorni, durante i quali ebbi modo di conoscere anche i proprietari; lui era un francese che, innamoratosi di una brasiliana incontrata a Parigi, la sposó e decisero di trasferirsi a Canoa Quebrada, dove costruirono quella pousada e da essa traevano sostentamento per vivere. Due bellissime ed educatissime bambine completavano un grazioso quadretto familiare. Il viaggio che feci a Natal, nel Rio Grande do Norte, fu un po’ deludente; duró dieci ore, durante le quali fui costretto ad ascoltare e vedere sempre la televisione. L’itinerario dell’onibus rodoviario attraversó anche la cittá di Nossoró, dove potei osservare le innumerevoli saline ed i pozzi petroliferi. Anche Natal é molto reclamizzata dagli enti turistici brasiliani, ma non corrisponde affatto alle aspettative e questo irrita un po’ i turisti che si affidano alla propaganda. Tuttavia é una cittá di mare e del Nordest, quindi anch’essa offre quasi gli stessi divertimenti delle altre cittá di mare. Ed anch’essa versa nella stessa povertá delle altre cittá del Nordest. Ho notato che in questa cittá esiste poca criminalitá e la polizia ha un comportamento che sembra essere civile ed efficiente. Il proprietario della pousada dove alloggiai era italiano e mi confermó le impressioni da me percepite; mi confermó che l’indice di criminalitá di Natal era molto basso, e che comunque si trattava di micro-criminalitá. Mi sono trattenuto in quella cittá per una settimana. La lasciai senza alcun rimpianto, considerandola senza lode e senza infamia.
A Maceió andai con l’aereo, in compagnia di un’amica, Fernanda, la quale mi offrí, bontá sua, viaggio aereo andata-ritorno e due settimane di ospitalitá in casa di suoi amici. Maceió é la capitale dello stato dell’Alagoas; é una piccola cittá di circa trecentomila abitanti ed ha delle bellissime spiagge, ampie e pulite. La caratteristica turistica principale di questa cittá sono il clima (é sempre estate come in tutto il nordest) ed i bassi fondali che si estendono per qualche miglio dalla spiaggia. Bellissimi pesci di variopinti colori sfrecciano continuamente nelle basse acque protette da barriere coralline. Un via-vai di barconi trasportano turisti e curiosi ad osservare, piú da vicino, questo meraviglioso spettacolo della natura. A circa 10 chilometri di distanza dalla cittá ci sono altre spiagge, tutte bellissime e incontaminate. A Maceió tutte le spiagge fuori della cittá sono costeggiate da folte piantagioni di cocco, e molti scorci sembrano essere gli sfondi ritratti dai famosi manifesti delle agenzie turistiche, che reclamizzano i mari tropicali. Pur essendomi trattenuto solo quindici giorni in quella cittá, ho avuto modo di apprezzare il clima, le spiagge e l’ospitalitá delle persone. Una triste caratteristica di Maceió é, manco a dirlo, la povertá; essa si manifesta e si percepisce in mille modi. Tuttavia ho notato che la popolazione, pur nella indigenza, é molto dignitosa ed educata; pochissimi chiedono l’elemosina e la criminalitá é trascurabile. Tramite Fernanda, di cui parleró in seguito, ebbi modo a Maceió di visitare un allevamento di coccodrilli. Questo allevamento era stato creato, e quindi era di proprietá, da un italiano che, trasferitosi in quella cittá ed avendo considerato che in quella regione vi era l’habitat ideale per i coccodrilli, aveva deciso di creare questa attivitá per fornire i laboratori di profumerie delle urine di questi rettili, nonché fornire le fabbriche di pelletterie delle pregiate pelli di questi animali. Scoprii in quella circostanza che le urine dei piccoli coccodrilli erano considerate molto pregiate dalle aziende produttrici di profumi, perché esse costituivano un prodotto fondamentale per la fissione di profumi di ottima qualitá. Il giorno che andammo a visitare questo allevamento, in cui Fernanda era giá stata in passato, non c’era né il proprietario e nemmeno qualche custode, non c’era nessuno; tuttavia, con un po’ di paura ed a nostro totale rischio, entrammo attraverso uno sgangherato e fragile cancello di legno, nella proprietá di questo signore che comunque era molto amico della mia accompagnatrice. Erano tanto amici che Fernanda gironzolava con molta disinvoltura e padronanza in questa specie di ... azienda agricola. C’erano coccodrilli da tutte le parti, nelle vasche, nelle gabbie, nel terreno, nei fossati; alcuni, piccolissimi, erano ancora in una specie di rudimentali incubatrici. Al nostro arrivo, mentre ci avvicinavamo, tutti i coccodrilli cercavano rifugio tuffandosi nelle vasche o nascondendosi nella melma, forse erano piú di cento e mi diceva Fernanda, che il proprietario ne aveva forse altri cento nel lago distante circa cinque chilometri, dove vivevano in uno stato di semi-libertá. Francamente la scena non era piacevole, ma la mia curiositá era tale che riuscii a sopportare la puzza, la paura e la sporcizia. Dopo circa un’ora ce ne andammo. Durante il tragitto di ritorno, Fernanda mi spiegó tutto ció che sapeva su quell’allevamento di coccodrilli e sul proprietario. Ascoltai tutto con molto interesse perché notai che erano tutte notizie genuine, che lei aveva appreso dall’allevatore. Mi incuriosí molto questo personaggio italiano che, pur essendo avanti negli anni, decise di trasferirsi in Brasile ad intraprendere un’attivitá molto rara. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo, ma non fu possibile; comunque ebbi modo di ascoltarlo telefonicamente alcuni mesi piú tardi. Dall’illustrazione fattami da Fernanda emerse che quell’allevatore aveva un fortissimo interesse per gli animali, infatti anche il figlio, che viveva in Italia, aveva creato un allevamento di topi ... sí, proprio di topi. Li allevava e poi li vendeva ai laboratori farmaceutici o agli istituti di ricerche, dove venivano usati come cavie. Fui molto sorpreso quando appresi che, sia l’allevamento di coccodrilli che l’allevamento di topi, producevano degli utili altissimi. Fernanda era una signorabrasiliana di 34 anni, originaria di Fortaleza, ma da alcuni anni viveva in Italia. Non era una bella donna e la sua intelligenza era decisamente al di sotto della media; a letto era insignificante, direi frigida, tuttavia era una donna che dalla vita aveva avuto, e stava avendo, molto. La sua storia inizia con un incontro che fece a Fortaleza, all’etá di 16 anni, con un quarantenne ingegnere tedesco. Costui la osservó, se ne innamoró e la sposó. Il tutto avvenne in pochi mesi. Dopo il loro matrimonio decisero di andare a vivere a Maceió, dove lui lavorava per conto di una ditta chimica tedesca. Dopo tre anni di matrimonio, durante i quali vissero felici e contenti, il marito, che aveva problemi cardiaci, morí di infarto. Fernanda, non riuscendo ad adattarsi alla nuova realtá e non avendo avuto figli, decise di andare a vivere in Germania presso la famiglia del defunto marito. Sembra che in quella famiglia non sia riuscita ad inserirsi bene per cui, dopo qualche anno, incontró un medico italiano e con lui contrasse un secondo matrimonio. Questa nuova unione duró meno di un anno ed il divorzio la rese nuovamente libera. Intanto lei si era procurata un lavoro nel nord Italia e fu cosí che incontró l’attuale marito (ormai era arrivata al terzo matrimonio). Quest’ultimo consorte era un imprenditore agricolo, figlio unico e proprietario di una grande azienda agricola situata nel Piemonte. L’azienda produceva prevalentemente frutta di ottima qualitá che era destinata alle industrie di trasformazione che producevano yogurt, marmellate, succhi, conserve ecc... ecc.. L’azienda, essendo tecnologicamente avanzata, produceva anche frutti senza zuccheri (destinati ai diabetici). Gli utili netti conseguiti erano ragguardevoli, e ció permetteva a Fernanda di fare frequenti viaggi all’estero e poter regalare una vacanza ad un amico (era il mio caso). Inoltre Fernanda, oltre ad essere proprietaria di un appartamento in Germania (ereditato dal defunto primo marito), di due appartamenti a Fortaleza e di uno a Maceió (anche questo appartamento le derivava dalla vedovanza), lavorava presso un ente agricolo del Piemonte; infine era titolare della pensione derivantele dalla morte del marito tedesco. In definitiva questa donna era giovane, ricca e fortunata; ma era anche non bella, insignificante, senza cultura e senza femminilitá. Ci separammo all’aeroporto di Maceió da dove, dopo aver trascorso una simpatica ed allegra vacanza a casa dei suoi amici, io ripartii per Fortaleza e lei ripartí per l’Italia.
La mia permanenza a Fortaleza procedeva molto tranquillamente. Parlavo e scherzavo con gli stessi amici e gli stessi pescatori, facevo le solite rilassanti passeggiate sulla spiaggia e trascorrevo varie ore davanti al computer per tenermi aggiornato sugli avvenimenti nel mondo. L’unica cosa che cambiavo frequentemente, e sempre con successo, erano le mie amicizie femminili. Deve sapere il lettore che nel Ceará le donne sono trattate molto male dagli uomini brasiliani; non sono rispettate e ricevono pochissime attenzioni, per cui esse, appena si vedono osservate da un europeo, lanciano chiari ed inequivocabili sorrisi. Contemporaneamente ai piaceri, di cui sono stato ampiamente gratificato dalle cearensi, ho constatato che in quella regione molte donne vivono una vita sessuale un po’ “anomala”. Non é assolutamente mia intenzione entrare nei complicati meandri della psicologia erotica femminile o nella scienza della sessualitá, tuttavia non posso nascondere che, alcune pratiche per raggiungere l’orgasmo, delle donne cearensi, mi hanno lasciato un po’ incuriosito. Sperando di non cadere nella volgaritá, ne illustro un paio.

Carmen era una donna di 34 anni, sposata e madre di due bambine; non era una donna molto bella, ma sicuramente interessante, curiosa ed intelligente; lavorava nel campo dell’informatica. Ci incontrammo su Internet; lei aveva la fissazione per la cultura italiana. Ci scambiammo i numeri di telefono e, dopo un paio di telefonate, fissammo un appuntamento in una zona centrale di Fortaleza. Due giorni dopo Carmen accettó l’invito di venire a casa mia. L’incontro fu cordiale ed all’insegna della massima educazione; ci raccontammo un po’ delle nostre storie e ci conoscemmo meglio. Fu quando parlammo del rapporto matrimoniale tra lei ed il marito che, quasi senza accorgercene, ci ritrovammo a letto. Facemmo l’amore, ma notai che lei non raggiunse l’orgasmo. Con molta delicatezza le chiesi se riteneva opportuno che parlassimo del “problema”, ma lei mi disse che era superfluo parlarne perché, ormai da anni, raggiungeva l’orgasmo solo con un “giochino” che si era inventata per sopperire alle assenze del marito, che aveva la fissazione di praticare il gioco del calcetto quasi tutte le sere. Non mi lasció nemmeno finire di chiederle quale fosse il giochino, che lei giá stava attorcigliando il lenzuolo del letto. Quando lo ebbe attorcigliato tutto, anche con un po’ di forza, se lo mise tra le cosce e se lo sfregava sulla vagina, con calma ma con energia; cominció a rotolarsi sul letto, sempre strofinandosi con il lenzuolo; passó qualche minuto ed il suo volto diventó rosso, molto rosso. I suoi rantoli, misti a delle continue mezze parole incomprensibili, manifestarono un inconfondibile orgasmo multiplo. Quando si rilassó, quasi con un po’ di vergogna, mi chiese se avevo gradito la sua performance. L’abbracciai forte a me, scambiandoci calorose effusioni. Con Carmen ci siamo incontrati, nell’arco di un paio di mesi, cinque o sei volte. Non ci lasciammo volutamente; ci perdemmo semplicemente di vista.

Un’altra ragazza che mi permise di scoprire altre “curiositá erotiche” fu Eliane. Ella aveva 28 anni e da pochi mesi si era separata dal marito; era madre di una bambina ed insegnava presso una scuola elementare. Eliane era una bella mulatta, era sempre allegra e bastava molto poco per farla ridere; fisicamente era di statura normale; la parte piú bella di lei erano gli occhi, grandi e profondi; lunghe ciglia le davano un tono di sognatrice. Anche con Eliane ci incontrammo su internet e, dopo un’ampia discussione e vari scambi di opinioni, ci scambiammo i numeri di telefono. Al primo contatto telefonico fissammo un incontro a casa mia, che purtroppo non avvenne per suoi motivi di lavoro; il secondo appuntamento ebbe esito positivo. Durante il nostro colloquio di preliminare conoscenza, notai che lei si muoveva continuamente sulla sedia, spostando continuamente il sedere avanti e dietro. Pensai che quel modo di fare era da ricondurre ad una sua forma di timidezza o di insicurezza, per cui non mi soffermai molto su questo aspetto; tuttavia, nel corso della chiacchierata che si stava svolgendo molto allegramente, le suggerii di rilassarsi e che non era il caso di sentirsi a disagio. Lei rise, e rise molto; le chiesi il perché di quella risata e, senza darmi alcuna risposta, si alzó dalla sedia, mi prese per mano e mi portó direttamente nella mia camera da letto. Fece tutto lei; si spoglió; mi spoglió e facemmo l’amore. Fu durante la fase di rilassamento che mi chiarí tutte le mie perplessitá, di cui lei aveva letto nei miei pensieri. Praticamente Eliane mi spiegó, sempre con ampi sorrisi, che lei sin da ragazza praticava una specie di masturbazione, che le procurava un indicibile piacere, strofinandosi con il sedere sulle sedie spingendosi con un po’ di forza sulla sedia stessa. Con questo “giochino”, Eliane raggiungeva vari orgasmi. Mi raccontó che giá all’etá di dodici anni lei praticava questo "sport” sui banchi di scuola; inoltre il suo perenne sorriso, che teneva stampato sul volto, era stato una sua invenzione per eventualmente giustificarsi di fronte a qualche amica o amico che avrebbe notato il suo atteggiamento un po’ “equivoco”. Approfittai della disponibilitá di Eliane per farle alcune domande in merito, ma non ce ne fu bisogno, lei era come un fiume in piena, mi raccontó tutta la sua adolescenza e la sua crescita sessuale, naturalmente sempre ridendo. Rimasi veramente stupíto per come lei sapeva anticipare le risposte alle mie domande. Alla fine mi mostró, questa volta in modo palese, nuda e seduta su una sedia, il suo “gioco preferito”. Fu un enorme piacere osservarla ed, ancor piú, possederla subito dopo. Si fece buio ed Eliane mi chiese se potevo accompagnarla alla fermata dell’autobus. Sua figlia la stava aspettando a casa. L’accompagnai. Ci salutammo e non ci rivedemmo piú. Dall’incontro con quella ragazza mi convinsi ancor piú che nella vita non si finisce mai di apprendere....

Era ormai piú di un anno che vivevo quella vita fatta di spensieratezza, di relax, di dolci e graziose compagnie. A Fortaleza era quasi impossibile dormire da solo la notte, poiché le spontanee offerte di compagnia erano tantissime. Spesso era sufficiente farmi una passeggiata sulla spiaggia, prima del tramonto, per incontrare una graziosa mulatta con la quale cenare e dormire insieme. A volte mi chiedevo se potesse esistere un tipo di vita migliore di quella; e mi chiedevo anche quanto tempo potesse durare. Mi rendevo perfettamente conto che stavo vivendo uno stile di vita che milioni e milioni di uomini avrebbero voluto vivere, ma non potevano. Pur con le mie limitazioni economiche, ero un uomo libero, mi sentivo un uomo fortunato, direi ricco. Ero totalmente padrone di me stesso e del mio tempo. Le ore passate in internet mi consentivano di fare altri incontri, ma mi permettevano anche di essere aggiornato e di osservare il Mondo; e fu da quí che ricevetti un incarico di lavoro da un'agenzia italiana. Il mandato che avevo ricevuto, lo dovevo svolgere a Florianopolis, capitale dello Stato di Santa Catarina, nel sud del Brasile. Tentennai un po’ prima di accettare l’incarico; mi dispiaceva molto lasciare Fortaleza, non volevo lasciarla; tuttavia mi resi conto che non potevo continuare a vivere in quell’ozio beato, e poi la remunerazione del lavoro offertami era decisamente interessante, per cui decisi di accettare. E cosí, come i sogni muoiono all’alba, anche Fortaleza per me terminó. E fu all’alba di un venerdí che presi l’onibus rodoviario con destinazione Florianopolis, a 3.900 Km di distanza, nel sud del Brasile.